Al momento stai visualizzando Se il figlio sta entrando nel mondo del lavoro, perde il diritto al mantenimento?

Se il figlio si è laureato e si avvia ad una carriera come avvocato il mantenimento può essere ridotto.

In tal senso di è espressa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 4035/2022.

Il Tribunale, a seguito della sentenza di dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio tra Tizio e Mevia, disponeva il pagamento di un assegno di mantenimento a carico del padre per i figli Caio e Sempronio di euro 1.500,00 ciascuno (a fronte del minore importo di euro 1.150,00 ciascuno stabilito in fase presidenziale) ed un assegno divorzile di euro 1.500,00 al mese per la ex moglie (a fronte del minore importo di euro 1.200,00 stabilito in fase presidenziale).

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, fissava in 1.000,00 euro mensili l’assegno divorzile a carico del marito ed a favore della moglie, ed in euro 800,00 mensili l’assegno di mantenimento a carico del padre per ciascun figlio.

Mevia ricorre in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, violazione e falsa applicazione dell’art. 6 legge divorzio e degli artt. 147, 148, 315-bis e 316-bis cc in riferimento all’art. 360 comma 1 nr. 3 C.p.c. per non aver tenuto conto del tenore di vita goduto dai figli in costanza di matrimonio.

Per la Cassazione la doglianza è infondata: sul punto osserva quanto segue:

  1. in relazione ai figli, il criterio di proporzionalità invocato dalla ricorrente è stato correttamente parametrato all’ attuale condizione economica ed alle esigenze dei figli stessi, i quali stanno iniziando ad entrare nel mondo del lavoro e, nello stesso tempo, completando il proprio progetto formativo;
  2.  l’ammontare dell’assegno di mantenimento è frutto del bilanciamento tra i due profili e non può fondarsi in esclusiva sulla capacità economico reddituale dell’obbligato;
  3.  inoltre, la Corte di merito ha esaurientemente motivato sulle circostanze, trattandosi di giovane, Caio, che ha già completato gli studi universitari e si avvia ad una carriera di avvocato mentre Sempronio dispone di un piccolo introito di 500,00 euro mensili.

Pertanto, sussiste Il potere del Giudice di prendere di ufficio i provvedimenti che stimi opportuni per il mantenimento dei figli.

Nel caso di specie, si fa riferimento ad un “criterio di proporzionalità correttamente parametrato all’ attuale condizione economica ed alle esigenze degli stessi, i quali stanno iniziando ad entrare nel mondo del lavoro e, nello stesso tempo, completando il loro progetto formativo. L’ammontare dell’assegno di mantenimento è frutto del bilanciamento tra i due profili e non può fondarsi in esclusiva sulla capacità economico reddituale dell’obbligato”.

La decisione della Corte di Cassazione va condivisa tenendo conto che, il figlio Sempronio aveva un reddito di € 500,00 mentre Caio, laureato in Giurisprudenza, si era già avviato nell’attività professionale di Avvocato dalla quale, certamente, ricavava un reddito del quale non si conosce l’ammontare.

Quindi, esattamente la Corte di Cassazione ha affermato che l’ammontare dell’assegno di mantenimento, non può fondarsi esclusivamente sulla capacità reddituale del padre, senza tener conto della capacità reddituale dei figli.

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