Al momento stai visualizzando Indegnità a succedere e diseredazione

La ratio sottesa all’istituto in esame si apprezza anzitutto alla luce di una prospettiva di natura sociale ed etica più che prettamente giuridica.

La coscienza collettiva, non accetta che il soggetto che si renda responsabile di atti e/o condotte gravemente pregiudizievoli verso il proprio de cuius, possa egualmente succedergli al pari degli altri chiamati all’eredità.

L’indegnità a succedere (art. 463 cc) è una sanzione civilistica che colpisce il chiamato all’eredità che si sia reso colpevole delle condotte tassativamente elencate dalla norma:

1) chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale [575 c.p.];

2) chi ha commesso, in danno di una di tali persone, un fatto al quale la legge [penale] dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio [580 c.p.];

3) chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile [con la morte], con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosa in giudizio penale [368 c.p.]; ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è stata dichiarata, nei confronti di lui, falsa in giudizio penale [372 c.p.];

3 bis) chi, essendo decaduto dalla responsabilità genitoriale nei confronti della persona della cui successione si tratta a norma dell’art. 330, non è stato reintegrato nella responsabilità genitoriale alla data di apertura della successione medesima;

4) chi ha indotto con dolo [1439 c.c.] o violenza [1434 c.c.] la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare [679 c.c.] o mutare il testamento, o ne l’ha impedita;

5) chi ha soppresso, celato, o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata [684 c.c];

6) chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.

L’indegnità non impedisce la chiamata all’eredità, ma comporta la rimozione dell’acquisto successorio, non essendo uno status personale, ma una qualificazione di un comportamento del soggetto che ha carattere relativo.

In nessun caso, quindi, si diventa indegni a succedere in generale, ma si perde il diritto soltanto rispetto al Tizio o al Caio che si è gravemente offeso o di cui si voleva carpire l’eredità.

Pertanto, si impedisce all’indegno di succedere esclusivamente alla persona che ha offeso.

E’ necessaria una pronuncia del Tribunale mediante la quale vengono posti nel nulla gli effetti dell’accettazione dell’eredità. Tale sentenza ha effetti retroattivi: l’indegno è, pertanto, chiamato a restituire anche i frutti che gli sono pervenuti dall’apertura della successione (art. 464 del c.c.).

Sono legittimati a chiedere la pronuncia di indegnità, coloro che sono potenzialmente idonei a subentrare al posto dell’indegno nella delazione ereditaria.

L’istituto dell’indegnità a succedere non deve essere confuso con la c.d. diseredazione e cioè con il potere riconosciuto ad un soggetto di escludere dalla propria successione colui che, sulla base di un giudizio di natura morale, viene ritenuto non meritevole di acquistare, in tutto o in parte, il patrimonio ereditario, pur avendone, al contrario, pieno titolo.

Ebbene, se da un lato è pacifico che una siffatta disposizione non potrebbe in alcun modo ledere i diritti che la legge attribuisce ai successori necessari (in quanto previsti da disposizioni inderogabili), dall’altro ci si domanda se il testatore ha invece il diritto di inserire nel proprio testamento una disposizione negativa (nel senso di esclusiva) nei confronti di un successibile ex lege ma non legittimario.

In merito la giurisprudenza ha rilevato che una disposizione testamentaria di siffatta natura – purchè non leda i diritti dei riservatari – non potrebbe ritenersi di per sè invalida e/o inefficace in quanto non si pone in contrasto con alcuna norma imperativa (cfr. Cass., Civ. Sez., II, 25/05/2012, n. 8352, laddove si argomenta l’ammissibilità di una tale disposizione in quanto in linea con la natura personalissima dell’atto di ultima volontà diretto a regolare la distribuzione delle sostanze del testatore per il periodo successivo alla propria scomparsa).

L’art. 448 bis c.c. prevede, inoltre, un’ipotesi tipica di diseredazione: i figli e, in mancanza, i loro prossimi discendenti potranno escludere dalla successione i genitori che siano decaduti dalla responsabilità genitoriale per ragioni diverse da quelle integranti i casi di indegnità di cui all’art. 463 c.c.

Pertanto, viene esteso l’ambito applicativo della sanzione consistente nell’esclusione dalla successione, al di là delle ipotesi di indegnità, a casi di violazione dei doveri familiari non necessariamente sfociati in una pronuncia di decadenza.

Quindi, alle violazioni dei doveri familiari, può conseguire la privazione dei diritti successori, attraverso l’esercizio da parte della persona offesa (il figlio) dello strumento afflittivo della diseredazione nei confronti del soggetto responsabile (il genitore).

La disposizione di cui all’art. 448 bis potrebbe operare non solo nei casi di decadenza dalla responsabilità genitoriale con riferimento ai quali non trovi applicazione l’art. 463, (ossia nelle ipotesi di condanna all’ergastolo o per il reato di mutilazione degli organi genitali femminili), ma anche in quelli nei quali, pur non essendo intervenuta una pronuncia di decadenza, sia stata accertata una responsabilità extracontrattuale del genitore, ai sensi dell’art. 2043 c.c.

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