Al momento stai visualizzando La successione per rappresentazione

La rappresentazione è un istituto derivante dal diritto romano in virtù del quale un soggetto (rappresentante) “subentra”, acquistando l’eredità o il legato che si sarebbero devoluti ad altro soggetto (rappresentato), nel luogo e nel grado del proprio ascendente, al verificarsi di determinati eventi che impediscono a quest’ultimo di succedere.

Scopo della rappresentazione è quello di evitare che i figli, ai quali perverrebbero i beni che il loro ascendente abbia ereditato dal loro avo, debbano perdere tali beni qualora l’ascendente non partecipi all’eredità del proprio genitore. Scopo è quindi quello di tutelare la famiglia del rappresentato: famiglia non più solo legittima, ma, per le novità introdotte dalla Corte costituzionale e dalla riforma del diritto di famiglia, quella più ampia comprensiva dei discendenti naturali.

Il Fondamento è quindi stato ritrovato nella presunta volontà del de cuius e nella tutela della stirpe familiare.

Presupposti per la rappresentazione sono la premorienza, indegnità, assenza, rinunzia, perdita del diritto di accettare.

Vi rientrano quindi:

– la premorienza del rappresentato rispetto al de cuius, come pure la commorienza dei due, ovvero la dichiarazione di morte presunta quando intervenga prima della morte del de cuius;

l’indegnità dell’ascendente rappresentato, che non tocca la posizione del rappresentante;

– la rinunzia dell’ascendente, in quanto la regola secondo cui, in caso di rinuncia, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe ove il rinunziante mancasse, fa salvo il diritto di rappresentazione;

– la perdita del diritto di accettare l’eredità per decorrenza del termine stabilito dal giudice (art. 481) ovvero per la mancata dichiarazione di accettazione entro i quaranta giorni successivi alla redazione dell’inventario (art. 487). Non viene considerata un’ipotesi di impossibilità il decorso del termine di prescrizione di cui all’art. 480, poiché la prescrizione opera anche per i chiamati in subordine, salvo il caso in cui, nei confronti dei soli discendenti, si verifichi una causa di sospensione .

Non si verifica la rappresentazione nelle ipotesi incapacità di ricevere per testamento.

La giurisprudenza ammette l’operatività della rappresentazione anche nel caso di diseredazione, la quale è sotto tale aspetto assimilata all’indegnità.

La rappresentazione opera all’infinito ai sensi dell’art. 469, comma 1 cc. Questo principio è stato espresso nella ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 964 del 13/01/2022, nella quale viene riproposta la questione dei limiti soggettivi di applicabilità di tale istituto.

Gli Ermellini ritengono che nella successione legittima, la rappresentazione operi all’infinito sia in linea retta che collaterale ma deve passare per forza dal figlio o dal fratello del defunto (come primi chiamati all’eredità), secondo il combinato disposto dagli artt.li 467 e 468 cc.

In caso di destinazione testamentaria direttamente ai nipoti, invece, l’istituto della rappresentazione non opera essendo istituito erede un soggetto diverso anche se si tratta di un discendente in linea retta del defunto.

Nel caso in esame, il de cuius non aveva discendenti ed erano stati chiamati all’eredità i figli dei fratelli premorti, uno dei quali era a sua volta premorto prima della apertura della successione. Suo figlio aveva agito in giudizio affinchè gli venisse riconosciuto il diritto di concorrere nella successione del de cuius.

Il Giudice di primo grado, aveva negato tale diritto riconosciuto, invece, dalla Corte d’Appello.

La sentenza di secondo grado, veniva impugnata innanzi alla Suprema Corte, sul presupposto che l’istituto della rappresentazione, opera in favore dei figli e dei fratelli del de cuius ma non in favore di ulteriori discendenti.

La Cassazione ha, nel caso di specie, correttamente riconosciuto il diritto degli ulteriori discendenti della sorella del de cuius, a quest’ultimo premorta, di succedere a loro volta, in base al rilievo che la “rappresentazione opera all’infinito”.

La doglianza attinente all’operatività della rappresentazione in favore dei nipoti, attiene alla successione testamentaria “nel caso in cui il de cuius abbia istituito un nipote ex filio o ex fratre. Diversamente, “nella successione legittima il problema non sussiste perché tutti gli ulteriori discendenti sono chiamati pur sempre nel luogo del primo chiamato”.

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