Una volta intervenuto il decesso del coniuge che aveva proposto la domanda di divorzio, è inammissibile il subingresso nel processo di chi, accampando la propria qualità di erede, miri non già a far valere diritti, o contestare obbligazioni, di contenuto patrimoniale, (e suscettibili, perciò, di trasmissione iure hereditario), già entrati nel patrimonio del de cuius prima del suo decesso, ma a coltivare l’azione di divorzio già esercitata dal defunto, ed a far così risalire a tale causa, e non al sopravvenuto decesso, lo scioglimento del di lui matrimonio.
Con questa sentenza la Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato che gli eredi sono legittimati a stare nel processo solo in ordine a quel diritto od a quegli obblighi di carattere economico (nella fattispecie estranee alla lite) inerenti al patrimonio del loro dante causa, che siano stati dedotti eventualmente in connessione con l’istanza di divorzio e che siano stati, quindi, già acquisiti al suo patrimonio prima della morte. Pertanto il subingresso dell’ erede è possibile solo per diritti e contestazioni di contenuto patrimoniale, già entrati nel patrimonio del de cuius prima del suo decesso ma non per coltivare l’azione di divorzio già esercitata dal defunto. Secondo l’art. 110 c.p.c., in caso di morte di una parte, il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confronti: questa norma però esaurisce i propri effetti nella sfera processuale e non si estende fino alla creazione di una legittimazione sostanziale.
Pertanto, in tema di azione di divorzio, ove il decesso di uno dei coniugi, sopravvenuto nel corso del relativo processo, determini lo scioglimento del matrimonio per altra causa, precludendo il diritto ad ottenere il bene della vita richiesto in via giudiziale (e cioè la cessazione degli effetti civili del matrimonio), detta norma non vale a radicare la legittimatio ad processum del successore a titolo universale nei confronti del coniuge superstite, non verificandosi alcuna successione nel diritto e nel rapporto per l’intrinseca intrasmissibilità della situazione soggettiva correlativa.