La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18550 dell’08/06/2022 ha rigettato il ricorso, confermando quindi la sentenza della Corte d’Appello che, a sua volta, aveva confermato la decisione del Tribunale di accogliere la domanda di simulazione del contratto di vendita stipulato tra il defunto ed il figlio.
Nel testamento per atto pubblico, infatti, era contenuta una dichiarazione nella quale il defunto manifestava la propria volontà di attribuire dei legati in conto di legittima agli altri tre figli “avendo già donato al figlio M in vita il podere, senza ricevere alcunchè”.
La Cassazione ha ritenuto che la dichiarazione contenuta in un testamento a mezzo della quale il de cuius ha affermato di aver donato al figlio un bene apparentemente venduto, deve essere assimilata ad una confessione stragiudiziale.
L’art. 2735 cc infatti, dispone che la confessione stragiudiziale può essere contenuta anche in un testamento ed è liberamente apprezzata dal Giudice: “una dichiarazione è qualificabile come confessione ove sussistano un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e nella volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a se sfavorevole e favorevole all’altra parte ed un elemento oggettivo che si ha qualora dall’ammissione del fatto obiettivo….derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante ed al contempo un corrispondente vantaggio nei confronti del destinatario della confessione”.
Per i Giudici della Cassazione tale dichiarazione non è da valutare come un mero indizio ma è un mezzo di prova diretta sul quale il Giudice può basare, anche esclusivamente, il proprio convincimento in esito al libero apprezzamento.
Viene esclusa anche l’ipotesi che, nel caso di specie, si configurasse un negotium mixtum cum donatione, (cioè un contratto avente natura comunque onerosa) perché difetta la prova che l’alienante avesse consapevolmente pattuito di ricevere un corrispettivo pari all’accollo da parte del figlio dell’esborso necessario per ottenere la cancellazione dell’ipoteca sul podere (esborso comunque inferiore al valore reale del bene trasferito).
La voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, è stata interpretata dalla Corte d’Appello come volontà di creare un arricchimento per puro spirito di liberalità.
La dichiarazione confessoria contenuta nel testamento avente efficacia post mortem, assume necessaria rilevanza probatoria non contro il de cuius bensì nell’ambito del giudizio in cui è dedotto il rapporto giuridico tra il figlio che ha ricevuto la donazione in vita dal padre e gli altri eredi legittimi rispetto ai quali si erano rivelati gli effetti sfavorevoli della donazione e favorevoli della dichiarazione.
Per quanto riguarda, invece, gli esborsi relativi alla cancellazione del vincolo ipotecario sostenuti dal donatario, se ne potrebbe tener conto, secondo la Corte, in sede di accertamento del valore del bene, ai fini della determinazione della quota disponibile.