Al momento stai visualizzando La delibazione delle sentenze del Tribunale ecclesiastico

Quando le cause di invalidità del matrimonio, presenti nel diritto canonico, trovano corrispondenza nel codice civile, è consentita la delibazione della sentenza del Tribunale ecclesiastico nell’ordinamento Italiano anche se la convivenza è durata più i tre anni.

Nella fattispecie, la sposa era incapace di contrarre matrimonio e, pertanto, per la Cassazione, l’ostacolo della durata della convivenza viene meno, in presenza di un vizio psichico nella formazione dell’atto.

«In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio concordatario, la convivenza “come coniugi” costituisce un elemento essenziale del “matrimonio-rapporto” e, ove si protragga per almeno tre anni dalla celebrazione, integra una situazione giuridica di “ordine pubblico italiano” che, tuttavia, non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del “matrimonio-atto”, a loro volta presidiati da nullità nell’ordinamento italiano.

In particolare, la convivenza ultratriennale non è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica, che accerti la nullità del matrimonio per incapacità a contrarre matrimonio determinata da vizio psichico, poiché una tale nullità è prevista anche nell’ordinamento italiano e non è sanabile dalla protrazione della convivenza prima della scoperta del vizio».

Questo il principio di diritto espresso dalla Cassazione con ordinanza n. 149/23. Gli Ermellini, quindi, nel dichiarare corretta la dichiarazione di nullità del matrimonio canonico in presenza di vizi mentali di una parte (la moglie) anche a seguito di un rapporto ultratriennale hanno richiamato la recente sentenza delle sezioni unite n. 17910/22.

Secondo quanto precisato da quest’ultima decisione, i negozi matrimoniali che abbiano avuto effetti di lunga durata, non possono essere annullati ricorrendo a riserve mentali e vizi che non siano riconosciuti nel nostro ordinamento, ma solo in quello canonico.

Invece il medesimo limite non opera se il vizio genetico del matrimonio-atto è previsto dall’ordinamento italiano, sicché le sentenze ecclesiastiche che si fondano su vizi del consenso con i caratteri oggettivi almeno analoghi a quelli previsti dal nostro ordinamento non determinano contrasto con l’ordine pubblico interno ostativo al loro riconoscimento, essendo, perciò, necessario operare, in tali sensi, una distinzione fondamentale sul tipo di vizio che inficia l’atto produttivo del vincolo. Nel caso in esame, il vizio genetico posto a base della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio (can. 1095 nn. 2-3 incapacità a contrarre matrimonio della moglie) trova corrispondenza nell’ipotesi di invalidità contemplata dall’articolo 120 del codice civile.

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