La rinuncia al diritto di far accertare la natura simulata degli atti dispositivi dissimulanti una donazione integra un patto successorio vietato ex art. 458 c.c. (Cassazione n. 366/2024)
Dopo la morte del padre, i due figli e la madre aprono un contenzioso per la divisione dell’eredità paterna. La vertenza si trascina per due lustri e le parti vi pongono fine con un accordo transattivo: alla figlia vengono attribuiti alcuni cespiti immobiliari ed ella rinuncia ad ingerirsi nella futura divisione tra madre e figlio in relazione alla restante quota ereditaria.
Successivamente, muore anche la madre e la sorella evoca in giudizio il fratello, lamentando la lesione della sua quota di legittima. Infatti, l’accordo di divisione tra lui e la madre sarebbe stato un negozio dissimulante una donazione. Il fratello si difende sostenendo che la rinuncia della sorella ad intromettersi nella divisione tra lui e la madre comporterebbe l’impossibilità per la stessa di contestare gli atti dispositivi compiuti dalla donna.
La rinuncia della sorella a fare valere delle pretese sull’eredità paterna comporta anche una rinuncia ad agire come legittimaria per far valere la simulazione degli atti di disposizione compiuti dalla madre?
La Corte di Cassazione, Sezione II, con la sentenza del 5 gennaio 2024, n. 366 (testo in calce), risponde negativamente, infatti, diversamente opinando, si incorrerebbe nella violazione del divieto di patti successori. L’accordo transattivo relativo all’eredità paterna non può implicare la rinuncia all’esercizio dell’azione di riduzione relativamente all’eredità della madre, essendo ella all’epoca dei fatti ancora in vita. Secondo gli ermellini, «la figlia era carente di legittimazione a fare valere la simulazione degli atti dispositivi posti in essere dalla madre fino a che la stessa era ancora in vita e quindi non poteva neppure disporre di un diritto che ancora non le competeva».