Ai fini della sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia, nella specie in danno del coniuge, non vi è la necessità che l’individuo agente avesse il fine di annichilire e svilire la persona offesa, ma è sufficiente che lo stesso abbia la consapevolezza delle condotte da lui tenute e che queste siano tali da integrare, con la continuità che un reato abituale postula, una condotta maltrattante; parimenti per ciò che attiene alla ipotesi della violenza sessuale, ove le condotte integranti atto sessuale siano poste consapevolmente in essere in assenza dell’espressione, tacita o dichiarata, del benestare del soggetto nei cui confronti esse sono realizzate o fatte realizzare, si deve intendere integrato l’atto sessuale, quale che sia stata la finalità che l’agente avesse perseguito. (Cass., sez. III penale, sent. 16 ottobre 2024, n. 37929).
- Autore dell'articolo:Valeria Maresca
- Articolo pubblicato:Novembre 4, 2024
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